Sanità, Schillaci: rafforzare medicina territoriale.

Sanità, Schillaci: rafforzare medicina territoriale.

“Dobbiamo decongestionare i pronto soccorso. È fondamentale che i malati arrivino al pronto soccorso soltanto quando ne hanno veramente bisogno. La strada è una sola: la medicina territoriale. Fino a oggi è stata l'anello debole del nostro sistema sanitario, ma ora è indispensabile rafforzarla, potenziarla, riqualificarla. Devono esserci altri luoghi in cui chi sta male riceve le prime cure''. Lo dichiara il Ministro della Salute Orazio Schillaci in un'intervista a “Il Messaggero”.  

Gianni Petrosillo, presidente Sunifar Federfarma, esprime a Filodiretto grande soddisfazione per questa visione del Governo. “Di conferme sull’importanza della farmacia quale primo presidio di prossimità ne abbiamo avute tantissime, tra cui di recente quella dello studio pubblicato dalla Banca d’Italia che evidenzia come le farmacie siano filtro per il corretto accesso al Pronto soccorso e offrano servizi di prevenzione e screening. Allo stesso tempo, le farmacie sono di supporto ai pazienti cronici nel monitoraggio della cura e dell'aderenza alla terapia”, dichiara Petrosillo.


Le risorse del PNRR sono ''una grande occasione da non perdere - prosegue Schillaci - Naturalmente è un lavoro complesso, perché l'Italia è un paese grande e lungo, e il modello che funziona per una grande città del Nord magari non va bene per un territorio di provincia del Mezzogiorno.  Dovremo tenere conto delle differenze, ma questa è la grande sfida che ci aspetta e che il governo affronterà con il massimo impegno nei prossimi mesi''. Petrosillo sottolinea che la visione del Ministro Schillaci è “perfetta” perché “la progettazione dell’assistenza territoriale deve essere modulata a seconda delle peculiarità del territorio”. “Siamo soddisfatti di questo pragmatismo del Governo ed è questa la direttrice sulla quale lavoreremo nei prossimi anni”.

L’analisi dello studio

Ad un esame più dettagliato dello studio, appare importante sottolineare come la funzione contrattile del ventricolo sinistro del cuore, era normale nell’89% dei 148 pazienti studiati, ma in 80 pazienti (54%) erano presenti esiti cicatriziali o lesioni del muscolo cardiaco.

Un altro dato che appare evidente è il pattern di cicatrici o lesioni tissutali: questo era di origine infiammatoria in 39 pazienti (corrispondente al 26%) derivato da cardiopatia ischemica (che include infarto o ischemia) in 32 pazienti (22%) o da  entrambi  i fattori contemporaneamente in 9 pazienti (6%). Mentre 12 pazienti (8%) sembravano avere un’infiammazione cardiaca ancora in atto.  

A questo proposito – aggiunge la professoressa Fontana – appare evidente che la lesione relativa all’infiammazione ed alla cicatrizzazione del cuore appare un fenomeno comune nei pazienti COVID-19 che presentano un innalzamento della troponina, ma appare per lo più di entità limitata e non sembra avere conseguenze  importanti per la funzione cardiaca”.

Questi risultati ci offrono due opportunità: in primo luogo trovare la chiave per prevenire la lesione su base infiammatoria e coagulativa (e la coagulazione del sangue potrebbe avere un ruolo, per il quale abbiamo potenziali trattamenti). In secondo luogo, valutare nel tempo le conseguenze della lesione miocardica per identificare soggetti che trarrebbero beneficio da specifici trattamenti farmacologici di supporto al fine di proteggere la funzione cardiaca nel tempo “.

I risultati dello studio, però hanno un limite, che è quello di avere selezionato solo pazienti sopravvissuti ad un’infezione da coronavirus che richiedeva il ricovero ospedaliero.

I pazienti convalescenti – continua la prof. Fontana – arruolati in questo studio avevano tutti sviluppato una grave malattia COVID-19; mentre i nostri risultati non dicono nulla su ciò che accade alle persone che non sono ricoverate in ospedale con COVID, o quelle che sono ospedalizzate ma senza troponina elevata. I risultati indicano i modi potenziali per identificare i pazienti a rischio più alto o più basso e suggeriscono strategie che possono migliorare i risultati. In ogni caso lo studio effettuato attraverso le scansioni di RMN cardiaca hanno dimostrato quanto, questa metodica, sia utile nello studio di pazienti con aumento della troponina. Saranno comunque necessari ulteriori lavori per avere un quadro più realistico della situazione.” Ha concluso la Prof. Fontana.  

In merito ai risultati di questo studio, appare utile sottolineare come al momento non è chiaro se le problematiche cardiache sopra riportate siano da imputare direttamente al virus o se siano l’effetto di una serie di reazioni difensive messe in atto dall’organismo per combattere il virus. In sintesi, si sa che il virus danneggia il cuore, ma non si conoscono i meccanismi che sottendono questo danno, e per questo al momento non si dispone di farmaci mirati in grado di garantire una cardioprotezione più efficace.

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Bibliografia essenziale

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